L’intelligenza artificiale è un processo che permette alle macchine e ai sistemi informatici di simulare processi di intelligenza umana emulandola.

In maniere più o meno autonoma, l’AI è in grado di selezionare le informazioni che le vengono fornite e rielaborarne il contenuto arrivando anche a “creare” qualcosa di nuovo.

In ambito artistico, ad esempio, analizzando i dipinti di un pittore e studiandone la pennellata, l’AI è in grado di creare nuove opere visive in tutto e per tutto nello stile dell’artista.

La vicenda

Recentemente, la Corte di Cassazione, seppur in via incidentale, si è espressa sulla proteggibilità dell’opera visiva creata attraverso un software ai sensi della L. n. 633 del 1941 e facendolo, si è soffermata in particolare, sul concetto di creatività.

La vicenda ha visto coinvolte la RAI, convenuta in giudizio e un architetto, autore di un’opera raffigurante un fiore, riprodotta illecitamente, dall’emittente all’interno della scenografia fissa dell’edizione 2016 del Festival di Sanremo.

Tra i motivi di ricorso in Cassazione, la RAI sosteneva che fosse errato qualificare l’opera visiva come opera dell’ingegno e quindi proteggerla come tale, giacché era stata creata da un algoritmo e quindi non attribuibile – secondo la ricorrente – a un’idea dell’autrice.

“In tema di diritto d’autore il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la L. n. 633 del 1941, art. 1 non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 della legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.”

Può l’intelligenza artificiale creare arte?

La Corte, ha affermato che di per se, l’impiego di un software all’interno del processo creativo non è sufficiente a negare l’esistenza di un atto creativo. L’uso di tale tecnologia impone unicamente uno scrutinio maggiormente rigoroso del tasso di creatività e dell’apporto creativo dell’autore volto a saggiare “se e in qual misura l’utilizzo dello strumento ha assorbito l’elaborazione creativa dell’artista”.

Se l’apporto umano viene ritenuto prevalente rispetto a quello della macchina, non è possibile negare la tutela autorale in capo a chi si è servito della macchina per ottenere il risultato creativo.

Visto l’uso sempre più diffuso di questa tecnologia non ci resta che attendere e vedere come la normativa attuale potrà far fronte a questa nuova sfida



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