Approfondimento
- 19 Luglio 2024
- Posted by: Daniela Ghidelli
- Categoria: News
La Modalità di Navigazione in Incognito di Google Sotto Accusa
L’accordo storico tra la società e gli utenti
Google ha recentemente accettato di cancellare i dati relativi alla cronologia di navigazione web di milioni di utenti. In particolare, nell’ambito della class action instaurata nel 2020 presso la Corte Distrettuale Settentrionale della California, il colosso californiano era stato accusato di tracciare l’attività online degli utenti senza il loro consenso anche durante la navigazione in incognito di Chrome.
Secondo le accuse, Google raccoglieva in modo inappropriato i dati attraverso strumenti come Google Analytics e Google Ad Manager anche quando gli utenti navigavano in modalità privata. Questi dati comprendevano anche il contenuto delle pagine visitate e le informazioni sui dispositivi e indirizzi IP, violando così la riservatezza degli utenti.
In difesa, Google ha affermato che la modalità incognito non garantisce in realtà l’anonimato totale, ma solo il fatto che la cronologia non venga salvata sul dispositivo dell’utente. Google ha poi anche sostenuto che tali limitazioni fossero chiaramente comunicate agli utenti (confermando dunque che i dati potevano essere visibili ai siti visitati e ai servizi di analisi).
I vari tentativi di difesa della società sono tuttavia stati rigettati da parte del Giudice, che ha anche contestato come Google operasse la memorizzazione dei dati di navigazione regolare e privata negli stessi registri, poi usati anche per annunci personalizzati.
Un’udienza cruciale si terrà il prossimo 30 luglio 2024, dove il Giudice deciderà se approvare l’accordo proposto, che in realtà non prevede pagamenti in denaro, ma permette agli utenti di fare causa separatamente a Google.
Questo accordo segna in ogni caso un passo importante nel dibattito sulla trasparenza e sulla protezione della privacy e della riservatezza online. La decisione coinvolgerà milioni di utenti che hanno utilizzato la modalità incognito dal 2016, sollevando interrogativi significativi sulle pratiche di tracciamento dei dati e sull’effettiva protezione offerta dai motori di ricerca.