Il bilanciamento della libertà di espressione e i diritti IP

Dopo 15 anni la Corte di cassazione ha finalmente posto la parola fine ad una lunga vicenda giudiziale che ha visto protagonista il personaggio di Zorro.


Il cavaliere mascherato è una figura letteraria creata nel 1919 dallo scrittore Johnston McCulley. I diritti di sfruttamento economico sono detenuti dalla società Zorro Productions Inc., titolare altresì dei marchi riconducibili al personaggio, la quale ha convenuto in giudizio la CO.GE.DI. International – Compagnia Generale Distribuzione S.p.A.. Motivo del contendere? L’uso fatto della convenuta delle sembianze del personaggio di McCulley all’interno della pubblicità dell’acqua Brio Blu diffusa nel 2007 con l’attore Max Tortora.

L’uso parodistico del personaggio.


La società dell’acqua minerale basava la propria difesa sull’uso meramente parodistico del personaggio di Zorro.
La parodia viene definita come un atto umoristico o canzonatorio che si caratterizza per evocare un’opera d’altri. Di per sé, dunque, la parodia non deve avere un carattere originale proprio, in ragione del rovesciamento concettuale in chiave umoristica – come nel caso di specie – di un personaggio altrui;

Infatti, l’essenza della parodia come forma espressiva è l’agganciamento al personaggio d’altri.
La parodia è dunque lecita nel limite in cui venga operato un bilanciamento tra il diritto del titolare del personaggio e la libertà di espressione di chi ne fa un uso parodiato. La libertà di espressione non può tradursi in un pregiudizio dei diritti che altri hanno sul marchio o su di un personaggio originale.

Il rischio, secondo la Corte è infatti che la parodia sfoci in un uso parassitario dei diritti di privativa altrui.

«In tema di marchi d’impresa (avendo riguardo alla disciplina anteriore alla modifica dell’art. 20 c.p.i. attuatasi con l’art. 9, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 15/2019) lo sfruttamento del marchio altrui, se notorio, è da considerarsi vietato ove l’uso del segno senza giusto motivo, posto in essere nell’attività economica, consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o rechi pregiudizio agli stessi, a nulla rilevando che il marchio non sia utilizzato per contraddistinguere i prodotti o i servizi dell’autore dell’uso, come può avvenire nel caso della rappresentazione parodistica del marchio in questione».



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