BEST PRACTICE – FREE RIDING
- 14 Febbraio 2025
- Posted by: Erika Conforti
- Categoria: News

Marchi notori e il fenomeno del “free riding”
Un marchio è considerato notorio quando gode di un’ampia riconoscibilità presso il pubblico e beneficia di una tutela legale che si estende oltre la sua specifica categoria merceologica. Questo significa che il suo titolare può opporsi non solo alla registrazione di segni identici o simili nel medesimo settore, ma anche a quelli utilizzati in ambiti completamente diversi, se esiste il rischio che tale uso possa trarre indebitamente vantaggio dalla sua reputazione o comprometterne il carattere distintivo.
Il grado di protezione di un marchio cresce proporzionalmente alla sua notorietà: più un marchio è riconosciuto, maggiore sarà l’ambito della sua tutela. Tuttavia, il riconoscimento di un marchio come notorio non è automatico, ma è frutto di un’analisi complessa che prende in considerazione diversi fattori, tra cui:
- l’intensità e la durata dell’uso nel tempo;
- l’estensione geografica della sua diffusione e la quota di mercato conquistata;
- gli investimenti pubblicitari sostenuti per consolidare la sua immagine;
- il livello di riconoscibilità da parte del pubblico di riferimento.
Proprio per la rilevanza commerciale e strategica di questi marchi, sono previste tutele rafforzata contro qualsiasi uso che possa generare confusione o sfruttare ingiustamente la loro reputazione.
In particolare, l’articolo 20, comma 1, lettera c) del Codice della Proprietà Industriale stabilisce che: “Il titolare ha diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato gode di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.”
Questo significa che un marchio notorio è protetto non solo quando si verifica un rischio di confusione con il segno originario, ma anche nei casi in cui il suo utilizzo in settori differenti possa avvantaggiarsi in modo ingiustificato della sua reputazione.
Un’applicazione concreta di questo principio si è avuto di recente con l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. I Civile, n. 1153 del 17 gennaio 2025, che ha visto coinvolto un noto marchio di abbigliamento e un marchio di pasta.
La vicenda trae origine da un procedimento iniziato per un possibile conflitto tra il marchio denominativo UE “ZARA”, di proprietà di Inditex, registrato il 3 gennaio 2001 e ampiamente riconosciuto nel settore dell’abbigliamento e lifestyle, e il marchio figurativo nazionale “Pasta ZARA”, registrato in data 24 gennaio 2011 dalla società Ffauf Italia per prodotti alimentari, in particolare pasta. La questione è stata sollevata per assenza di carattere distintivo, in base agli articoli 12, comma 1, lettera e), e 25, lettera a), del Codice della Proprietà Industriale, a causa della notorietà del marchio preesistente.
La Corte di Cassazione, da ultimo interpellata sul punto, ha ritenuto fondata la contestazione e ha rilevato che il nuovo marchio potesse dar luogo a un fenomeno di parassitismo commerciale o free riding, ovvero l’appropriazione della notorietà di un marchio affermato per ottenere vantaggi economici senza sostenere gli investimenti necessari per costruire un’identità di mercato autonoma.
La notorietà del marchio spagnolo non è limitata infatti al settore della moda, ma in virtù del forte richiamo nel pubblico si estende anche ad altre categorie merceologiche.
Sebbene il marchio “Pasta ZARA” operasse in un settore completamente diverso, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la semplice coesistenza dei due segni potesse generare un rischio di indebita associazione, inducendo il consumatore medio a ritenere, erroneamente, che esistesse un collegamento commerciale tra i due.
Il marchio notorio gode di una tutela ultra-merceologica, impedendo a soggetti terzi di adottare segni distintivi che possano richiamarlo, anche indirettamente.
Questo principio è di particolare rilevanza nel contesto attuale, in cui i grandi marchi tendono a diversificare le loro attività in diversi settori merceologici. Basti pensare, ad esempio, che Zara ha sviluppato anche una linea dedicata all’arredamento e agli accessori per la casa contraddistinta con il marchio ZARA HOME, una strategia adottata anche dal marchio svedese H&M con H&M Home.
L’ordinanza della Corte di Cassazione si inserisce così in un orientamento ormai consolidato volto a impedire l’erosione del valore di un marchio notorio, tutelandone il prestigio e il valore commerciale.