Approfondimento

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Carattere distintivo e marchi di colore: il caso Veuve Clicquot


La sesta sezione del Tribunale di Primo Grado dell’UE ha annullato la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO riguardante il marchio di colore n. 747949, rappresentante la tonalità jaune-orangé dell’etichetta dello Champagne Veuve Clicquot Ponsardin registrato per “vini Champagne” all’interno della classe 33 nel 2007 mentre la domanda era stata depositata nel 1996.

Questa però è solo l’ultima di una lunga serie di ricorsi promossi contro il marchio della vedova Clicquot.

Ora, come noto, un colore può di per sé costituire un marchio, a condizione che consenta di distinguere i prodotti e/o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (funzione essenziale del marchio).
Il principio è ricavabile dall’Articolo 3 della Direttiva (UE) 2015/2436 del 16 dicembre 2015 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa e dall’Articolo 4 del Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione europea.

Veuve Cliquot anziché utilizzare il Pantone Matching System, sistema individuato nel 1963 che permette la selezione, l’articolazione e la riproduzione precisa di colori uniformi in qualsiasi luogo, ha preferito definire il colore utilizzando lo standard CIE 2° del 1931, il quale invece si basa sull’utilizzo di tre colori primari miscelati tra loro in sintesi additiva, consentendo di ottenere tutti i colori percepibili dall’occhio umano, accompagnando la domanda dalla definizione scientifica di quella particolare tonalità giallo-arancione.

Carattere distintivo e marchi di colore: il caso Veuve Clicquot

La controversia in questione trae origine da una procedura avviata da Lidl Stiftung & CO. KG dinnanzi alla divisione di annullamento dell’EUIPO nel 2018, avverso la cui decisione Lidl ha proposto ricorso contestando la proteggibilità della tonalità registrata come marchio da Veuve Clicquot.

Uno degli argomenti cardine che Lidl ha sottoposto al Tribunale riguarda l’assenza di carattere distintivo acquisito attraverso l’uso del marchio. La normativa, infatti, richiede che almeno una parte significativa del pubblico di riferimento identifichi, in virtù del marchio, i prodotti o i servizi a cui si riferisce come provenienti da una determinata impresa.

In sede di procedimento di nullità di un marchio per impedimenti assoluti alla registrazione, come quello in questione, il titolare quando il mantenimento della registrazione di un marchio si basa sul significato secondario acquisito dal segno è tenuto a dimostrare:

  • che il marchio abbia acquisito carattere distintivo a seguito dell’uso fatto prima della data di deposito della domanda di registrazione, oppure
  • che il carattere distintivo sia stato acquisito a seguito dell’uso che ne è stato fatto tra la data di registrazione e la data della domanda di nullità.

A questo deve aggiungersi poi una valutazione della portata geografica della prova del carattere distintivo acquisito con l’uso, per cui un segno può essere registrato come marchio UE ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 40/94 solo se si dimostra che ha acquisito, grazie all’uso che ne è stato fatto, un carattere distintivo nella parte dell’Unione in cui non aveva tale carattere ab origine, ai sensi dell’Articolo 7 paragrafo 1, lettera b).

Ne consegue che, nel caso di marchio privo di carattere distintivo ab initio in tutti gli Stati membri, quel marchio potrà essere efficacemente registrato solo se si dimostra che abbia acquisito carattere distintivo attraverso l’uso all’interno di tutto il territorio UE non solo in una parte sostanziale o nella maggior parte del territorio dell’UE.

In mancanza di questa riconoscibilità all’interno di tutto il territorio UE, vista l’assenza di prove sufficienti per il mercato portoghese e greco, il Tribunale ha accolto le argomentazioni di Lidl disponendo il rinvio del giudizio sulla capacità distintiva del marchio in Grecia e Portogallo alla Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO.

Non è dunque detta l’ultima parola sulla saga del jaune-orangé.



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