Il Codice della proprietà industriale stabilisce all’art. 19, comma 1 che la registrazione di un segno sia sottoposta alla condizione che il richiedente lo utilizzi oppure intenda utilizzarlo. Si vuole infatti garantire che i marchi registrati svolgano in concreto una funzione distintiva e allo stesso tempo evitare che registrazioni non destinate all’uso intralcino l’altrui libertà di iniziativa economica.

Dunque, il marchio registrato ma non utilizzato in maniera effettiva entro cinque anni dalla registrazione, può incorrere in decadenza. La normativa fa infatti coincidere il dies a quo del termine con la data della registrazione del marchio di cui si chiede la decadenza.

Lo scopo dell’istituto della decadenza per non uso del marchio, disciplinato dall’art. 24 c.p.i. è verificare se l’uso fatto del marchio sia coerente con la funzione che si intende tutelare giuridicamente e, quindi, verificare se sia giustificato limitare la libertà altrui mantenendo la registrazione di un segno non utilizzato.

L’uso effettivo si ricollega alla funzione essenziale del marchio: contraddistinguere i prodotti del titolare sul mercato, indirizzando le scelte di acquisto dei consumatori.

Secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia, l’uso del marchio può dirsi “effettivo” quando garantisce l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato al fine di garantirne il posizionamento sul mercato, la riconoscibilità da parte del consumatore. L’uso simbolico o volto unicamente alla conservazione del diritto invece no.

Recentemente, il Tribunale delle Imprese di Firenze, con sentenza n. 1979 pubblicata il 27 giugno 2023, ha applicato l’istituto della decadenza del marchio per non uso, accogliendo la domanda di un’impresa, accertando che la convenuta sua concorrente non aveva fatto alcun uso effettivo dei propri marchi figurativi e quindi ne ha dichiarando la decadenza ai sensi dell’art. 24 c.p.i..



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