Curiosità
- 11 Marzo 2024
- Posted by: Erika Conforti
- Categoria: News

Pirateria e Opere Teatrali del 1600
La pirateria è un fenomeno che ogni anno produce un’ingente perdita economica per il settore cinematografico. Prima dell’approvazione della Legge 93/2023 sulla diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica, infatti, si stimava che il danno economico derivante dalla pirateria incidesse sul Pil nazionale per circa 700 milioni di euro annui.
Tra le pratiche più diffuse di pirateria online figura il camcording, ovvero la registrazione illecita di film in sala, per poi distribuirli su internet. Questa attività costituisce reato, punibile con pene che vanno dalla reclusione da sei mesi a tre anni, accompagnate da multe comprese tra i 2.582 e i 15.493 euro.
Tuttavia, ci si potrebbe chiedere: la pirateria è un fenomeno esclusivamente moderno? La risposta è no. Un’espressione di pirateria simile fiorì nell’Inghilterra elisabettiana del 1600, dove l’industria teatrale, pur essendo molto diversa da quella cinematografica odierna, non era meno esposta a pratiche di pirateria.
All’epoca, non esisteva alcuna legge sul diritto d’autore che tutelasse le opere teatrali. La protezione della proprietà intellettuale in Inghilterra iniziò solo nel 1709 con lo Statuto di Anna. Prima di allora, copiare e diffondere testi senza il consenso degli autori era una pratica comune e legalmente incontestata.
Le opere teatrali erano create per essere messe in scena, non pubblicate. Di conseguenza, i manoscritti venivano gelosamente custoditi dalle compagnie teatrali fino a quando l’opera non cadeva in disuso. Molti lavori, se non riscuotevano successo, venivano rapidamente dimenticati.
Immaginate di essere l’equivalente del 1603 di chi oggi registra i film al cinema con il proprio smartphone, trascrivendo di nascosto le battute su un taccuino, sperando di passare inosservato.
A quel tempo, copie non autorizzate di opere teatrali venivano realizzate mandando in teatro persone capaci di stenografia, che annotavano ogni dialogo per poi ricostruire l’intera opera. Queste note, combinate con interviste a pubblico e attori, permettevano di assemblare copie pirata dell’opera, in una sorta di camcording ante litteram.
Questo processo, nonostante fosse considerato trasgressivo, si rivelò fondamentale per la conservazione di storie e racconti destinati originariamente solo alla recitazione. È curioso pensare che, secoli dopo, con l’introduzione di normative a tutela del diritto d’autore, pratiche un tempo essenziali per la conservazione del patrimonio artistico siano oggi perseguibili anche penalmente.